La resilienza è un processo che permette la ripresa dello sviluppo possibile, dopo un trauma e con la presenza di circostanze avverse che aumenterebbero il rischio di un esito negativo.
Coincide con il superamento delle difficoltà; è un tratto latente e si attiva nei momenti di necessità, trasformandosi in un processo attivo.
Di fronte allo stress e alle avversità, la resilienza, offre risposte flessibili che si adattano alle diverse circostanze del momento.
Trova spazio all'interno delle risorse personali e sociali di ognuno di noi. Diminuisce l'aspetto negativo di una situazione conflittuale e attiva soluzioni alternative.
Per questo motivo la resilienza viene associata alla vulnerabilità, tensione, stress, situazioni traumatiche, difficili.
I punti traumatici inferti dalla vita, rischiano di far perdere i punti di riferimento e le basi che con il tempo si erano consolidate.
Le basi solide riconducono però ad un sistema, all'interno del quale ci si sente riconosciuti e nel quale ci si riconosce.
La capacità di reagire adeguatamente al pericolo, alla minaccia e alla costruzione della resilienza, può essere determinata da alcuni fattori:
- la natura dell'evento, intensità e durata del tempo dell'evento. Per esempio un rapporto conflittuale che si protrae per troppo tempo che porta ad una crisi.
- il contesto di vita, la presenza o la mancanza di una rete di sostegno individuale o collettivo di una famiglia, di una comunità di appartenenza, possono influenzare gradatamente o meno, positivamente l'uscita dal trauma. Per esempio, se viviamo in un ambiente ostile, favorirà la permanenza dello stato di crisi, non avendo alcun sostegno.
Diversamente, se nel momento di grande difficoltà, dove si rischia di perdere l'equilibrio, c'è un sostegno di qualcuno, sarà più facile sviluppare la resilienza.
- le caratteristiche individuali. La risposta personale di fronte all'evento e il livello di sviluppo psicologico, gli schemi mentali e le idee funzionali o disfunzionali.
-le competenze: le capacità apprese, le abilità necessarie a gestire le situazioni traumatiche e la consapevolezza di saper affrontare una situazione.
- le risorse: la possibilità di incontrare un contesto e persone, professionisti o meno, capaci di attivare le risorse, anche latenti, sepolte dal problema e la conseguente consapevolezza della proprie risorse.
stima e fiducia: la possibilità di acquisire stima e fiducia in se stessi e negli altri. Per esempio, avere un progetto o un compito da portare avanti.
I successi o i fallimenti possono influenzare il recupero o meno di una condizione difficile, dipende da cosa si ha imparato da ciò.
La resilienza è un tratto della personalità che si sviluppa all'interno delle relazioni che si stabiliscono sin dalla prima infanzia con le figure genitoriali.
A tal proposito, lo psicoanalista Bowlby studia le reazioni comportamentali dipendenti dallo stile di attaccamento che si sviluppa appunto, nella prima infanzia.
Secondo lo psicoanalista l'attaccamento con la madre è un bisogno che deve essere soddisfatto per permettere il realizzarsi di uno sviluppo equilibrato relazionale e affettivo, con delle basi strutturate a livello mentale che permetterà alla persona di reagire nel corso della sua vita, a tutte quelle situazioni dove bisogna rielaborare qualsiasi lutto.
Cioè il distacco da qualcosa o qualcuno, per esempio una separazione, la perdita del lavoro, la morte di qualcuno. Tutto ciò che tende a destabilizzare il nostro quotidiano.
A seconda del tipo di attaccamento, che Bowlby identifica in tre modelli, l'adulto avrà la capacità di sviluppare la resilienza.
Esiste l'attaccamento sicuro dove la mamma riesce a trasmettere un senso di appartenenza sicuro, affidabile, affettuoso, rassicurante, che mette nelle condizioni il bambino di potersi fidare della mamma e conseguentemente anche da adulto, degli altri. In questo caso solitamente il bambino se la mamma si allontana, piange, sente la sua mancanza e quando rientra la mamma la riaccoglie attivamente con abbracci e affetto.
Mentre nei bambini che hanno sviluppato un attaccamento insicuro-evitante, cioè dove la mamma non lo ha accudito, toccato, riconosciuto, si allontanava mentre il bambino cercava un suo contatto, il suo allontanamento non suscita nel bambino reazioni di disagio o pianto e quando torna la mamma, non sembra curarsene più di tanto, sembra quasi che la eviti.
Nascondono il loro stress e probabilmente è maggiore del bambino con attaccamento sicuro.
I bambini con attaccamento insicuro-ambivalente hanno sviluppato con la mamma rapporti contradditori, imprevedibili, inaffidabili.
Se la mamma si allontana, mostrano molta sofferenza ma al suo rientro non sembrano confortati, anzi esprimono rabbia alternata alla ricerca di contatto.
Pare, quindi, che il tipo di attaccamento influenzi la formazione della resilienza, che serve per rielaborare un lutto.
La destabilizzazione (la mamma va via), la rottura (l’assenza della mamma), la ricomposizione (superare l’assenza della mamma).
Credo si possano definire, riferendosi a Bowlby, le fasi di come noi siamo in grado di superare la crisi, a seconda del tipo di attaccamento che abbiamo avuto.
La CRISI è un fulmine a ciel sereno, il rompersi di un equilibrio, che se non ben elaborata insieme a forti risorse e presa di coscienza, può ripresentarsi in modo disfunzionale.
Per esempio, quando ho perso il papà all’età di 25 anni, per determinate circostanze, ho superato il lutto nel giro di quasi 6 mesi.
Ma mi rendo conto che non lo avevo rielaborato e di conseguenza anche la resilienza non si è rafforzata. Ora però sono cosciente che ogni forma di lutto perché non ci annienti deve portarci ad una crescita attraverso l’impegno ed un nuovo potenziamento tramite riflessione e introspezione.
Purtroppo ci sono persone che non riescono a sviluppare o potenziare queste risorse e reagiscono in modo altamente disfunzionale. Per esempio con droghe, alcool ecc.
Mi ha colpito il dover riflettere su una visione positiva, cioè saper riconoscere nel buio la luce. Non tutto è perso, un orizzonte nuovo da raggiungere. Nulla è stabile, nemmeno il dolore. Il dolore, per natura è dinamico, o si acutizza o svanisce o può rimanere se non metabolizzato. Ci sono strumenti che possono aumentare la resilienza ma bisogna crederci e farsi aiutare a scoprirli.
La resilienza può essere influenzata da tre dimensioni:
- Biologica: il patrimonio genetico, ci sono persone che hanno più energia rispetto alle altre e anche un temperamento sin dalla nascita
- Psicologica: come la persona si è strutturata attraverso l’esperienza relazionale affettiva dei primi anni di vita (Bowlby)
- Sociologica: l’influenza del gruppo, della cultura, delle tradizioni familiari, degli apprendimenti, della spiritualità, dell’etica, della capacità dell’essere umano di attraversare le crisi dell’esistenza vivendo una vita, non certo semplice, non priva di sofferenza, non sempre equilibrata ma piena.
Ciascuno possiede potenzialità differenti, resilienza personale di resistenza alla pressione.
Uno stesso evento, a seconda del momento in cui avviene, non avrà gli stessi effetti poiché la persona nel variare le circostanze lo vivrà in modo differente, soprattutto se non ha avuto la capacità riflessiva di ciò che le stava accadendo.
… A volte anche la fede ci aiuta a sperare contro ogni speranza (S.Giovanni)..
La Resilienza è un dono da scoprire e sviluppare con l’aiuto di Dio!!!!!
Coincide con il superamento delle difficoltà; è un tratto latente e si attiva nei momenti di necessità, trasformandosi in un processo attivo.
Di fronte allo stress e alle avversità, la resilienza, offre risposte flessibili che si adattano alle diverse circostanze del momento.
Trova spazio all'interno delle risorse personali e sociali di ognuno di noi. Diminuisce l'aspetto negativo di una situazione conflittuale e attiva soluzioni alternative.
Per questo motivo la resilienza viene associata alla vulnerabilità, tensione, stress, situazioni traumatiche, difficili.
I punti traumatici inferti dalla vita, rischiano di far perdere i punti di riferimento e le basi che con il tempo si erano consolidate.
Le basi solide riconducono però ad un sistema, all'interno del quale ci si sente riconosciuti e nel quale ci si riconosce.
La capacità di reagire adeguatamente al pericolo, alla minaccia e alla costruzione della resilienza, può essere determinata da alcuni fattori:
- la natura dell'evento, intensità e durata del tempo dell'evento. Per esempio un rapporto conflittuale che si protrae per troppo tempo che porta ad una crisi.
- il contesto di vita, la presenza o la mancanza di una rete di sostegno individuale o collettivo di una famiglia, di una comunità di appartenenza, possono influenzare gradatamente o meno, positivamente l'uscita dal trauma. Per esempio, se viviamo in un ambiente ostile, favorirà la permanenza dello stato di crisi, non avendo alcun sostegno.
Diversamente, se nel momento di grande difficoltà, dove si rischia di perdere l'equilibrio, c'è un sostegno di qualcuno, sarà più facile sviluppare la resilienza.
- le caratteristiche individuali. La risposta personale di fronte all'evento e il livello di sviluppo psicologico, gli schemi mentali e le idee funzionali o disfunzionali.
-le competenze: le capacità apprese, le abilità necessarie a gestire le situazioni traumatiche e la consapevolezza di saper affrontare una situazione.
- le risorse: la possibilità di incontrare un contesto e persone, professionisti o meno, capaci di attivare le risorse, anche latenti, sepolte dal problema e la conseguente consapevolezza della proprie risorse.
stima e fiducia: la possibilità di acquisire stima e fiducia in se stessi e negli altri. Per esempio, avere un progetto o un compito da portare avanti.
I successi o i fallimenti possono influenzare il recupero o meno di una condizione difficile, dipende da cosa si ha imparato da ciò.
La resilienza è un tratto della personalità che si sviluppa all'interno delle relazioni che si stabiliscono sin dalla prima infanzia con le figure genitoriali.
A tal proposito, lo psicoanalista Bowlby studia le reazioni comportamentali dipendenti dallo stile di attaccamento che si sviluppa appunto, nella prima infanzia.
Secondo lo psicoanalista l'attaccamento con la madre è un bisogno che deve essere soddisfatto per permettere il realizzarsi di uno sviluppo equilibrato relazionale e affettivo, con delle basi strutturate a livello mentale che permetterà alla persona di reagire nel corso della sua vita, a tutte quelle situazioni dove bisogna rielaborare qualsiasi lutto.
Cioè il distacco da qualcosa o qualcuno, per esempio una separazione, la perdita del lavoro, la morte di qualcuno. Tutto ciò che tende a destabilizzare il nostro quotidiano.
A seconda del tipo di attaccamento, che Bowlby identifica in tre modelli, l'adulto avrà la capacità di sviluppare la resilienza.
Esiste l'attaccamento sicuro dove la mamma riesce a trasmettere un senso di appartenenza sicuro, affidabile, affettuoso, rassicurante, che mette nelle condizioni il bambino di potersi fidare della mamma e conseguentemente anche da adulto, degli altri. In questo caso solitamente il bambino se la mamma si allontana, piange, sente la sua mancanza e quando rientra la mamma la riaccoglie attivamente con abbracci e affetto.
Mentre nei bambini che hanno sviluppato un attaccamento insicuro-evitante, cioè dove la mamma non lo ha accudito, toccato, riconosciuto, si allontanava mentre il bambino cercava un suo contatto, il suo allontanamento non suscita nel bambino reazioni di disagio o pianto e quando torna la mamma, non sembra curarsene più di tanto, sembra quasi che la eviti.
Nascondono il loro stress e probabilmente è maggiore del bambino con attaccamento sicuro.
I bambini con attaccamento insicuro-ambivalente hanno sviluppato con la mamma rapporti contradditori, imprevedibili, inaffidabili.
Se la mamma si allontana, mostrano molta sofferenza ma al suo rientro non sembrano confortati, anzi esprimono rabbia alternata alla ricerca di contatto.
Pare, quindi, che il tipo di attaccamento influenzi la formazione della resilienza, che serve per rielaborare un lutto.
La destabilizzazione (la mamma va via), la rottura (l’assenza della mamma), la ricomposizione (superare l’assenza della mamma).
Credo si possano definire, riferendosi a Bowlby, le fasi di come noi siamo in grado di superare la crisi, a seconda del tipo di attaccamento che abbiamo avuto.
La CRISI è un fulmine a ciel sereno, il rompersi di un equilibrio, che se non ben elaborata insieme a forti risorse e presa di coscienza, può ripresentarsi in modo disfunzionale.
Per esempio, quando ho perso il papà all’età di 25 anni, per determinate circostanze, ho superato il lutto nel giro di quasi 6 mesi.
Ma mi rendo conto che non lo avevo rielaborato e di conseguenza anche la resilienza non si è rafforzata. Ora però sono cosciente che ogni forma di lutto perché non ci annienti deve portarci ad una crescita attraverso l’impegno ed un nuovo potenziamento tramite riflessione e introspezione.
Purtroppo ci sono persone che non riescono a sviluppare o potenziare queste risorse e reagiscono in modo altamente disfunzionale. Per esempio con droghe, alcool ecc.
Mi ha colpito il dover riflettere su una visione positiva, cioè saper riconoscere nel buio la luce. Non tutto è perso, un orizzonte nuovo da raggiungere. Nulla è stabile, nemmeno il dolore. Il dolore, per natura è dinamico, o si acutizza o svanisce o può rimanere se non metabolizzato. Ci sono strumenti che possono aumentare la resilienza ma bisogna crederci e farsi aiutare a scoprirli.
La resilienza può essere influenzata da tre dimensioni:
- Biologica: il patrimonio genetico, ci sono persone che hanno più energia rispetto alle altre e anche un temperamento sin dalla nascita
- Psicologica: come la persona si è strutturata attraverso l’esperienza relazionale affettiva dei primi anni di vita (Bowlby)
- Sociologica: l’influenza del gruppo, della cultura, delle tradizioni familiari, degli apprendimenti, della spiritualità, dell’etica, della capacità dell’essere umano di attraversare le crisi dell’esistenza vivendo una vita, non certo semplice, non priva di sofferenza, non sempre equilibrata ma piena.
Ciascuno possiede potenzialità differenti, resilienza personale di resistenza alla pressione.
Uno stesso evento, a seconda del momento in cui avviene, non avrà gli stessi effetti poiché la persona nel variare le circostanze lo vivrà in modo differente, soprattutto se non ha avuto la capacità riflessiva di ciò che le stava accadendo.
… A volte anche la fede ci aiuta a sperare contro ogni speranza (S.Giovanni)..
La Resilienza è un dono da scoprire e sviluppare con l’aiuto di Dio!!!!!
Comments powered by CComment